Perché non si può usare lo sviluppo di Taylor per i minimi?

Calcolo differenziale, limiti, massimi e minimi, studio locale e globale per funzioni di più variabili
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Perché non si può usare lo sviluppo di Taylor per i minimi?

Messaggioda Stefanoangelotti » giovedì 27 ottobre 2016, 18:35

Volevo chiedervi, visto che ho avuto risposte contrastanti, Perché non posso andare a guardare i coefficienti del terzo e quarto ordine e superiori della serie di Taylor di una funzione in più variabili per decidere se un punto stazionario è di minimo o massimo o altro?nella dimostrazione del metodo dell'hessiano si usa il fatto che si sta studiando il segno di un polinomio omogeneo di secondo grado. Se esso è semidefinito non si può dire niente, ma allora mi verrebbe di andare a vedere se la forma di terzo grado è identicamente nulla, e se non lo è concludere che il punto è una sella, se è nulla e nel caso la forma omogenea di quarto grado è sempre positiva concludere che è di minimo e così via. Ho visto un esempio in cui la forma di sesto grado è positiva sempre e tutte le precedenti sono nulle nel punto stazionario, tuttavia il punto non è di minimo: x^6-y^6x^2= f(x,y).

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Re: Perché non si può usare lo sviluppo di Taylor per i minimi?

Messaggioda GIMUSI » venerdì 28 ottobre 2016, 0:15

Annosa questione!!!

Vedi anche:
viewtopic.php?f=5&t=1787
viewtopic.php?f=5&t=1320

Cerco di riassumere come credo (o m'illudo di credere) di averla capita io.

Premesso che:
- nell’intorno dei punti stazionari la funzione è approssimata dalla forma quadratica corrispondente ai termini del secondo ordine dello sviluppo di Taylor (termini che potenzialmente comandano e definiscono il segno della funzione nell’intorno);

- lo studio del segno della funzione nell’intorno del punto può quindi essere fatto mediante lo studio della segnatura della forma quadratica i.e. della matrice hessiana ad essa associata (nel caso di due variabili basta fare il determinante, per n variabili completamento dei quadrati, sylvester, etc.).

Venendo alla tua domanda su cosa fare quando la forma quadratica è semidefinita, direi quindi che non ha senso cercare di determinare la natura del punto stazionario andando a guardare solo i termini del terzo ordine (o oltre) dello sviluppo di Taylor; non è detto infatti che i termini di secondo grado non contino nulla (vd. ad esempio f(x,y)=x^2-y^4).

Pertanto direi che se il test mediante studio dell’Hessiana fallisce si è costretti “semplicemente” a ricorrere allo studio del segno della funzione nell’intorno del punto stazionario in altri modi e anche lo sviluppo di Taylor può risultare uno strumento utile per farlo ma va usato con molta cautela senza perdere pezzi per strada (ci sono alcuni esempi interessanti nella lezione L20 di AM2 2014 e L14 di AM2 2016).

Nell’esempio che riporti non ho capito bene quale sia la funzione cui ti riferisci.
GIMUSI

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Re: Perché non si può usare lo sviluppo di Taylor per i minimi?

Messaggioda Stefanoangelotti » venerdì 28 ottobre 2016, 7:41

Credo di esserci arrivato e vorrei avere conferma dal Professor Gobbino o da altri. Lo sviluppo di Taylor a volte da informazioni a volte no. Innanzittutto mi ero sbagliaglio nel mio esempio e non avevo colto qualcosa di essenziale. Cerco di dare una spiegazione generale. Nei nostri esempi la funzione data è già un polinomio e quindi deve coincidere col suo sviluppo di Taylor. Supponiamo che f(x+h)= Somma in i che va da 0 a infinito di (P^i(h) ) , dove pongo P^i (h) è il polinomio omogeneo di grado i valutato nell'incremento h, (ad esempio P^0(h)=f(x), P^1(h)=(gradf(x))h,P^2(h)=1/2q(h),etc). Diremo che P^i con i maggiore di zero è definito positivo se assume valori positivi su tutti i vettori di una base di R^n, definito negativo se assume valori tutti negativi su una base di R^n,semidefinito positivo(negativo) se assume almeno su un vettore della base un valore positivo(negativo) e su tutti gli altri vale zero , non definito se su un vettore della base assume un valore positivo e su un altro negativo. Ora procediamo così, Supponiamo che P^1(h)=0 (cioè la x che compare in f(x+h) sia un punto critico), Se P^2(h) è definito positivo(negativo) allora x è pnt di min(max) per f, se è indefinito è sella, se è semidefinito si guardi P^3(k) dove k è la proiezione di h sul nucleo di P^1(è come aver ridotto il numero di variabili visto che supponevo che parlavamo della base canonica di R^n). Ora se P^3(k) non è identicamente nullo si conclude che il punto è una sella, se invece è identicamente nullo si va a valutare P^4(k) e si controlla se ha segno discorde anche debolmente con P^2(h), in tal caso il punto non è minimo ne massimo,altrimenti nel caso sia concorde si vede se strettamente e si conclude per massimo o minimo, nel caso con concorde non strettamente si escludono i vettori della base dove il polinomio è strettamente positivo(negativo) e si va avanti.
Il problema è che a differenza di quanto accadeva in una variabile, dove era molto difficile trovare funzioni a derivate tutte nulle in un punto, quando aumentiamo le variabili può capitarci che il per ogni i in N P^i(h) = 0, dove h appartiene a un sottospazio di R^n. In tal caso non possiamo concludere nulla come nel mio caso. Vediamo il tuo caso : f(x,y)=x^2-y^4 , P^2(1,0)=1, P^2(0,1)=0 semidefinito positivo, P^3(x,y)=0, P^4(0,1)=-1 quindi segno discorde con P^2 e il punto non è massimo ne minimo.

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Re: Perché non si può usare lo sviluppo di Taylor per i minimi?

Messaggioda GIMUSI » venerdì 28 ottobre 2016, 8:16

sembrerebbe convincente ma se applichi la procedura a mi pare che non funzioni :roll:

...forse il procedimento vale solo quando il termine del secondo ordine è semidefinito ma non nullo?
GIMUSI

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Re: Perché non si può usare lo sviluppo di Taylor per i minimi?

Messaggioda Stefanoangelotti » venerdì 28 ottobre 2016, 8:27

In questo caso il secondo termine è cmq semidefinito(pardon ho scelto una definizione sbagliata di semidefinitezza e credo che i polinomi omogenei nulli siano sia semidefiniti positivi che negativi) ed è nullo su tutto R^2. Dopo di che tutti i polinomi di ordine pari sono nulli, ma y^5 è dispari e non è nullo, se ne conclude che è una sella.

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Re: Perché non si può usare lo sviluppo di Taylor per i minimi?

Messaggioda Stefanoangelotti » venerdì 28 ottobre 2016, 8:30

Ho il dubbio se mi basta valutare cosa fa su una base o meno, perchè le forme non sono funzioni lineari e non so se l'insieme dei vettori in cui una è positiva nulla e negativa determina un sottospazio.

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Re: Perché non si può usare lo sviluppo di Taylor per i minimi?

Messaggioda Massimo Gobbino » domenica 30 ottobre 2016, 7:24

Annosa questione, davvero.

Il problema è che in dimensione maggiore di 1 le cose si complicano dannatamente. In dimensione 1 il termine di grado 2 o c'è o non c'è. Se non c'è si passa al terzo grado, e ancora una volta o c'è o non c'è, e allora si passa al quarto e così via.

In dimensione 2 o superiore la parte di secondo grado può esserci solo parzialmente (è il caso per esempio delle forme semidefinite positive ma non definite positive), e allora "copre solo alcune direzioni" lasciando scoperte le restanti. Questa copertura parziale rende falso uno degli statement del post iniziale, e cioè che in caso di Hessiano solo semidefinito basta una parte di terzo grado non nulla per escludere di essere in un punto di minimo locale. Ad esempio, la funzione



ha Hessiana semidefinita positiva, parte di terzo grado non nulla, eppure l'origine è un punto di minimo locale stretto.

Questo esempio ci dice, tra l'altro, che non basterebbe nemmeno sviluppare una teoria delle forme di grado k (che sarebbe comunque complicata per k maggiore di 2). Il problema è infatti che parti di grado differente possono collaborare a rendere il tutto positivo. Nell'esempio il termine , per quanto insufficiente a coprire tutte le direzioni, basta per sconfiggere il cattivo ; poi inaspettatamente arriva l'aiuto del termine di grado 4 a coprire un'altra direzione e magicamente la combinazione dei 3 termini di grado differente copre tutto un intorno dell'origine. A quel punto la situazione è stabile, nel senso che ogni funzione che sia uguale a quella data più ha un minimo locale nell'origine. Ad esempio, la funzione



ha (banalmente!) un minimo locale nell'origine.

Insomma, queste collaborazioni tra termini di grado diverso rendono la faccenda davvero complicata, al punto che, se proprio, occorrerebbe sviluppare una teoria delle forme costituite da termini di grado minore od uguale di k, che a quel punto però non sarebbero nemmeno omogenee.

Come se non bastasse, non basta poi testare la positività su una base, come qualche post successivo sembrerebbe lasciare intendere. Questo non vale nemmeno per le forme quadratiche, come per esempio



che sugli assi è molto positiva, ma ha un piccolo cono di negatività difficile da individuare senza la teoria generale. In altre parole, il controllo va fatto su tutte le infinite direzioni e deve essere uniforme.

Per concludere, in caso di Hessiano solo semidefinito, si possono ottenere informazioni dai termini successivi, ma bisogna sapere bene cosa si sta facendo. Questo può spiegare le indicazioni contrastanti: spesso nei corsi di servizio si finisce per dire che "non si può dedurre nulla" invece del più realistico "la deduzione dai termini successivi è estremamente delicata".

P.S. Per i più esperti segnalo lo scritto di calcolo delle variazioni di settembre 2016, in cui il caso critico del punto (3b) si riduce proprio ad una questione di questo tipo in versione infinito dimensionale.

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Re: Perché non si può usare lo sviluppo di Taylor per i minimi?

Messaggioda Stefanoangelotti » domenica 30 ottobre 2016, 17:59

Grazie per la risposta che ho trovato parecchio illuminante, non mi è chiara una cosa tuttavia. Se la forma di grado 2 è semidefinita positiva ,ma definita positiva su un insieme di direzioni, quando vado a valutare i termini successivi dello sviluppo di Taylor, posso escludere le direzioni su cui la forma quadratica era definita positiva? Prendo come esempio f(x)= x^2 -x^4 + y^6 -x^5y -x^6 . In questo esempio il termine x^2 mi dice che la forma quadratica è definita positiva sulla direzioni data dai vettori (1,a), ora quando vado a valutare i termini di grado successivo posso valutarli solo sulla direzione rimanente (0,y) ottenendo y^6 e dedurre che l'origine è punto di minimo? Se faccio così nel suo esempio dove la forma cubica non era nulla essa lo diventa perchè lo è lungo l'unica direzione (0,y) dove l'hessiana non era definita.

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Re: Perché non si può usare lo sviluppo di Taylor per i minimi?

Messaggioda Massimo Gobbino » domenica 30 ottobre 2016, 18:27

No no no, non è così semplice. Le direzioni non sono solo le rette, ma tutte le possibili "curve di avvicinamento". Questa è la differenza tra l'analisi 2 e l'analisi 1 (il discorso potrebbe andare bene anche sulle sole rette, se le stime fossero uniformi ...). Quindi un termine copre l'avvicinamento lungo l'asse x e niente altro. Pensiamo all'esempio



Il tuo ragionamento darebbe che l'origine è un minimo locale, mentre non lo è, come si vede avvicinandosi lungo la curva .

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Re: Perché non si può usare lo sviluppo di Taylor per i minimi?

Messaggioda Stefanoangelotti » lunedì 31 ottobre 2016, 18:20

Credo che il procedimento corretto sia trasformare la serie di Taylor in coordinate polari e cercare il minimo assoluto in Teta sui polinomi di grado n che,come lei osservava, non sarebbero più omogenei e provare che è strettamente maggiore di zero, se non si riesce col secondo ordine, provare col secondo e terzo insieme, poi secondo terzo e quarto e insieme è così via. Ma risolvere l'equazione trigonometrica ottenuta può essere quasi impossibile in certi casi. Provare che non si tratta di un punto di minimo non è molto difficile se si sa come trovare le curve giuste, il problema è provare che è punto di minimo qualora i polinomi sono parecchio complessi. Se si riuscisse a trovare una famiglia fondamentale di curve per cui se si dimostra che è minimo lungo di esse, vale per ogni curva che passi per il punto ci si agevolerebbe parecchio il compito. Detto terra terra quello che da fastidio sono i monomi pari con coefficiente negativo e quelli in cui almeno una variabile ha esponente dispari; potrei dunque scegliere una generica curva del tipo (ct^a,dt^b) con a e b reali maggiori o uguali a 0, e c d reali e dimostrare impostando un sistema che non c'è modo di far si che i monomi "cattivi" lungo questa curva contino di più di quelli buoni. Ma questo basterebbe o potrei trovare comunque altre curve che fanno "vincere" i termini cattivi? Se non basta questo bisognerebbe capire se l'unico metodo è stimare con minorazioni o ci sono informazioni che i termini di grado inferiore portano con se quando si vanno a vedere quelli di grado superiore, come in f(x,y)= x^2 - x^3 + y^4 si osservava che il termine di terzo grado pur non essendo nullo poteva essere ignorato perchè era già deciso che lungo la direzione x si aveva un minimo.

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Re: Perché non si può usare lo sviluppo di Taylor per i minimi?

Messaggioda Massimo Gobbino » martedì 1 novembre 2016, 19:54


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Messaggioda Stefanoangelotti » martedì 1 novembre 2016, 20:57


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Re: Perché non si può usare lo sviluppo di Taylor per i minimi?

Messaggioda Massimo Gobbino » mercoledì 2 novembre 2016, 13:50

Mi sono espresso malissimo :oops: ... intendevo dire che il polinomio deve essere strettamente positivo vicino all'origine su tutte le curve con componenti polinomiali di grado opportuno. In questo modo resta fuori perché non è strettamente positivo sulla curva (0,t).

Pensavo ad un criterio di questo tipo: un polinomio di grado <=k è positivo in un intorno dell'origine (anzi si stima dal basso con una costante positiva per , il che permette di ignorare i termini di ordine superiore) se e solo se è positivo in un intorno dell'origine su tutte le curve le cui componenti sono polinomi di grado <=k. Ma non ne sono così sicuro, bisognerebbe pensarci con cura :? .

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Re: Perché non si può usare lo sviluppo di Taylor per i minimi?

Messaggioda Stefanoangelotti » venerdì 11 novembre 2016, 22:21

E' possibile generalizzare un approccio con Taylor per studiare stabilità degli erquilibri in un sistema di equazioni differenziali del primo ordine qualora la matrice jacobiana non è invertibile?


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